mercoledì 13 febbraio 2013

Banche e mutui: "Sul mattone che c'è tensione"

Sul mattone che c'è tensione...La battuta in rima è di Paolo Giordano, segretario generale di Adiconsum, che così sintetizza il tema dei rapporti tra clienti e banche. L'associazione dei consumatori promossa dalla Cisl ha appena sfornato una rilevazione sui costi di mutui, conti correnti e conti di deposito. «Sui prestiti per l'acquisto della casa proprio non ci siamo. Perché gli istituti di credito li erogano in misura sempre più ridotta, cioè per somme che coprono una percentuale sempre più bassa rispetto al valore dell'immobile e con condizioni economiche più onerose che in passato», afferma Giordano. Insomma, secondo l'Adinconsum le banche da un lato fanno fatica a concedere i mutui. Ma quando lo fanno ci guadagnano più di prima. Come? «Tenendo costante lo spread, cioè il differenziale che aggiungono rispetto a quanto loro stesse pagano il denaro», sostiene Giordano.

In realtà, lo spread sui mutui dalle banche italiane negli ultimi mesi è un po' sceso. Certo non quanto lo spread più famoso, quello tra i titoli decennali di Stato tedeschi e italiani. E neppure ha seguito il passo del gambero dell'Euribor, il tasso più utilizzato come punto di riferimento per i mutui a tasso variabile, che un anno fa viaggiava ben sopra l'1 per cento, mentre ora si aggira intorno a quota 0,20. All'inizio del 2012 lo spread medio sui mutui era superiore al 3,50 per cento e ora è vicino al 3,20 per cento. Un taglio asimmetrico.
Nella rilevazione Adiconsum di fine gennaio 2013 si può notare come lo spread delle principali banche non sia sceso, rispetto all'ottobre 2012. Ed è aumentata la rata di 9 dei 10 tassi variabili a 20 anni esaminati. «Lo spread è fondamentale: un punto in più su un mutuo di 100 mila euro può significare anche 60 euro in più al mese», lamenta il segretario dell'organizzazione dei consumatori. Che mette in guardia i potenziali mutuatari su altri due aspetti: il tasso d'ingresso e le polizze assicurative.
«Alcune banche pubblicizzano un tasso molto conveniente, definito "di ingresso", che viene applicato per un anno. Poi al suo posto subentra il tasso a regime, decisamente più allineato con quelli medi di mercato se non, talvolta, addirittura più caro». Molti istituti di credito, poi, di fatto legano la concessione del mutuo alla sottoscrizione di un'assicurazione. Non è un obbligo di legge, ma se il cliente non la vuole rischia di vedersi bocciare la richiesta.
Per l'Adiconsum, il costo della polizza assicurativa caldeggiata dalla banca, se collegata a un mutuo dal tasso apparentemente buono, può azzerare l'iniziale vantaggio competitivo. «Ecco perché prima di firmare bisogna fare i conti mille volte e magari chiedere l'aiuto di un esperto indipendente. E comunque meglio il fisso. Se i tassi tornano a impennarsi la rata variabile può diventare un macigno per molte famiglie. E' già successo un sacco di volte». Intanto, in Spagna il costo medio finale di un mutuo è del 3,06 per cento, da noi del 4,05 per cento. E la bolla del mattone a Madrid c'è stata davvero.
(da Assicurazioni e banche)

domenica 10 febbraio 2013

Banche UE vendono immobili e mutui a rischio

Le banche europee sono in corsa per vendere le loro proprietà immobiliari o mutui con più problemi.

"Secondo Morgan Stanley, nel 2013 il valore di queste cessioni salirà a circa 25 miliardi. I motivi? Da un lato, la necessità di ridurre la leva; dall'altro, i timori della crescita delle sofferenze, a causa del cattivo andamento dell'economia Ue. In un simile contesto, i compratori non sono però più (esclusivamente) i private equity. Bensì, anche fondi sovrani od operatori più piccoli.

Gli istituti di credito del Vecchio continente, oltre agli scandali legati ai derivati o alla definizione del Libor, affrontano la congiuntura negativa e la necessità di ridurre la leva sul real estate commerciale. In particolare, su quest'ultimo fronte, Morgan Stanley stima il valore del deleveraging attorno a 600 miliardi. Un obietivo che, allo stato attuale, è stato raggiunto per circa il 20-25%. Insomma, la strada da fare è ancora parecchia.
Ecco allora che, dopo la sbornia immobiliare (soprattutto in Spagna) degli anni passati, il passo obbligato è quello di cedere, o svalutare, gli asset di real estate con dei problemi. Royal Bank Of Scotland, ad esempio, ha venduto un paio di immobili per circa 1 miliardo di dollari al Fondo governativo norvegese e ad AXA Real estate Investment managers. In Spagna, invece, il Banco Santander voleva vendere un portafoglio di real-estate a Morgan Stanley, per circa 3 miliardi di euro. Alla fine, però, gli immobili sono stati venduti a più piccoli singoli investitori propnti a pagare prezzi maggiori.

E sì, perchè la nuova caratteristica di questo mercato è l'identikit dell'acquirente. Non si tratta più, infatti, del solito private equity. Bensì, di acquirenti come Fondi sovrani o società immobiliari più piccole. Questi hanno un orizzonte temporale nell'investimento più lungo dei private, e quindi sono disposti a comprare i beni problematici a prezzi maggiori. Cioè, hanno maggiore tempo a disposizione per rientrare nell'investimento.

Ma non è solo una questione di tempi. L'appeal degli asset di real estate problematicci è dato anche dai loro più alti rendimenti. Attualmente, la grande liquidità in giro, è in cerca di idee dove poter trovare uno yiled maggiore rispetto a quello dei «soliti» titoli di Stato dei Paesi Ue periferici. Così, guarda con interesse al commercio degli immobili proplematici delle banche."

(da Assicurazioni e banche)